Esiste un legame diretto tra la patologia dell’Alzheimer e una scarsa qualità del sonno. La spiegazione e dimostrazione di questo meccanismo è data, per la prima volta, da uno studio dell’Università e Centro di Medicina del sonno delle Molinette di Torino. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Acta Neuropathologica Communications.
La ricerca ha esaminato l’effetto di un sonno disturbato in topi geneticamente predisposti alla deposizione di beta-amiloide, una proteina che compromette irreversibilmente le funzioni cognitive dell’animale anche se giovane. La sola frammentazione del sonno, ottenuta inducendo brevi risvegli senza modificare il tempo totale del sonno, per un periodo di un mese (approssimativamente corrispondente a tre anni di vita dell’uomo), compromette il funzionamento del sistema glinfatico, facendo aumentare il deposito della proteina in questione.
È acclarato che il riposo notturno dei pazienti di Alzheimer sia spesso disturbato fino ad arrivare a una vera e propria inversione del ritmo sonno-veglia, ma è stato osservato, nello studio, come i disturbi del sonno stessi (ad esempio deprivazione di sonno, insonnia e apnee) possano influenzare negativamente il decorso della malattia.
Nei pazienti con sonno disturbato, sia quantitativamente che qualitativamente, si riscontra un aumento del deposito cerebrale della beta-amiloide, implicata nella genesi dell’Alzheimer e, il team di ricercatori ha dimostrato che questo aumento dipende da una sua ridotta eliminazione da parte del sistema glinfatico (il sistema di pulizia del cervello, particolarmente attivo proprio durante il sonno profondo).
Nelle persone predisposte a questa malattia, quindi, il sonno frammentato favorisce l’insorgere della demenza, in pazienti invece già malati accelera e aggrava la patologia. Curare un sonno disturbato potrebbe invece rallentarne la progressione. Si parla spesso di “dormita” in termini di quantità di ore impegnate nel riposo, invece dalla ricerca arriva l’invito a porre maggiore attenzione alla sua qualità, proprio per permettere al cervello di effettuare in modo efficiente la “pulizia” dalle sostanze neurotossiche che si accumulano in veglia .
Insomma si comprende sempre più come il sonno sia un fenomeno attivo, regola il nostro metabolismo, il sistema immunitario e circolatorio, ma la rivelazione della ricerca è che una suo cattivo funzionamento compromette le funzioni cognitive.