ANCHE LA CARTA IGIENICA CONTIENE PFAS

Le sostanze perfluoro alchiliche (Pfas), note come “forever chemicals” poiché persistono a lungo nell’ambiente. La loro presenza potrebbe favorire il cancro.

AMBIENTE
Francesca Danila Toscano
ANCHE LA CARTA IGIENICA CONTIENE PFAS

Le sostanze perfluoro alchiliche (Pfas), note come “forever chemicals” poiché persistono a lungo nell’ambiente. La loro presenza potrebbe favorire il cancro.

Le acque reflue sono una fonte di notizie certe sullo stato di malattia infettiva di una comunità e addirittura sulla sua prescrizione e sull’uso di droghe illecite. Analizzarle può fornire inoltre, informazioni preziose su composti persistenti e potenzialmente dannosi, come le sostanze per-e polifluoroalchiliche (Pfas), che vengono rilasciate nell’ambiente. E proprio analizzando le acque reflue sono venute alla luce nuove e importanti notizie.

Al loro interno ci finisce ovviamente la carta igienica, nuova fonte di Pfas secondo uno studio recente dell’Università della Florida. I Pfas sono stati rilevati in molti prodotti per la cura personale, come cosmetici e detergenti, in tessuti, stoviglie, nelle vernici, nei pesticidi e nei contenitori per cibo che le persone usano ogni giorno, ma nessuno si sarebbe mai aspettato di trovarli perfino nella carta igienica. Di questi inquinanti ambientali si parla da anni, e da tempo sono sotto la lente d’ingrandimento di medici e ricercatori per capire quali siano davvero gli effetti sulla salute di questa estesa classe di sostanze.

Dal mondo scientifico arrivano le conferme di ripercussioni negative sui sistemi ormonali e non solo, arrivano a modificare i livelli di colesterolo, alterare il funzionamento di reni e fegato, e avere effetti sulle donne incinte causando basso peso alla nascita. L’esposizione ai Pfas è correlata inoltre, anche al rischio di alcuni tumori. Regolamentarli, controllarli, così come comprendere da dove vengono è certamente il primo passo da fare per tenere a bada la dispersione e l’accumulo nell’ambiente.

La fonte inaspettata

I risultati del nuovo studio sono stati pubblicati su Environmental Science & Technology Letters. Gli scienziati dell’Università della Florida, negli Usa, avvertono che anche la carta igienica contiene i diPAPs, perfluoroalkyl phosphate diester.Questi composti sono precursori degli Pfas, ovvero hanno la capacità di diventare diversi tipi di Pfas, come il Pfoa, o acido perfluoroottanoico, che è potenzialmente cancerogeno.

Grazie all’aiuto di volontari, il team di ricercatori ha condotto delle indagini sulla carta igienica venduta in Africa, Europa occidentale e Nord, Sud e Centro America, estraendo Pfas sia dai campioni sia dai fanghi di depurazione delle acque reflue statunitensi. Successivamente alla scoperta della presenza di diPAP, che era la principale sostanza trovata nei campioni, si è effettuato una comparazione fra i loro risultati e i dati di precedenti studi effettuati proprio sulle acque reflue.

I risultati

Le conclusioni della ricerca mostrano che la carta igienica contribuiva per il 4% del diPAP che si trova comunemente nei sistemi fognari statunitensi e canadesi, ma in Europa il numero è aumentato vertiginosamente. In Svezia, ad esempio, il diPAP sfiorava il 35% e in Francia addirittura l’89%.

“I nostri risultati suggeriscono che la carta igienica dovrebbe essere considerata una fonte potenzialmente rilevante di Pfas che entrano nei sistemi di trattamento delle acque reflue”, sostengono gli scienziati. Sfortunatamente, anche la carta igienica riciclata non può essere definita sicura, potrebbe essere infatti contaminata da Pfas a causa del riutilizzo di materiali che già in origine includevano diPAP.

“La riduzione dei Pfas è basilare poiché gli effluenti delle acque reflue e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e/o l’applicazione sul terreno”, evidenziano gli esperti.

C’è da preoccuparsi?

Purtroppo, sì, perché il problema è sia per la nostra salute che per l’ambiente. Ci sono delle alternative alla carta igienica, che non stravolgano le nostre abitudini intime, per salvare noi e il pianeta?

Certamente una soluzione meno pericolosa e più sostenibile può essere il bidet, considerato una specie di esclusiva italiana, uno strumento che gli altri Paesi guardano con curiosità e ilarità. E per quanto oggi all’estero continui a essere poco diffuso, il bidet è sempre più ricercato anche fuori dai confini italiani dal momento che non implica il taglio di alberi, i consumi d’acqua sono molto limitati e non avviene nemmeno uno strappo di carta contenente Pfas che vanno a finire nelle acqua reflue.

Il nostro bidet dunque, potrebbe diventare una vera ancora di salvezza per noi e per l’ambiente.