Scorrendo le nostre bacheche social non è raro trovare video e foto di interazioni malsane tra esseri umani e animali selvatici: delfini abbracciati, elefanti coccolati, ghepardi sul divano o volpi alimentate. Questo tipo di materiale suscita tantissimo consenso e approvazione tra gli utenti, ma cosa c’è davvero dietro a queste immagini? E perché non dovremmo condividerle online?
Questi video sono senza dubbio divulgati con intenti positivi, spinti dalla credenza che “tutti gli animali meritino amore”, che “tutti gli animali siano uguali”, insomma, nessuna differenza tra un cane e un delfino ma purtroppo hanno conseguenze spiacevoli e spesso sconosciute per gli stessi animali. L’utente medio che viene a contatto con immagini in cui è presente un’interazione tra un umano e un selvatico non ha conoscenze sulla specie e viene quindi erroneamente informato dell’idea che quella specie sia docile e tenera, e quei video vanno quindi ad inquinare una conoscenza biologica ed etologica dell’animale, già di per sé scarsa e traballante.
Immagini e video che presentano un contatto tra umani e selvatici, mandano l’errato messaggio che l’interazione tra animali non convenzionali e umani sia positiva e curiosa e che sia emozionante la presunta empatia e relazione affettiva che sembra esserci tra l’animale selvatico e l’Uomo. Ma in realtà non è altro che ricatto alimentare o connesso all’imprinting. Indipendentemente da come vengano trattati questi animali, la realtà è che vengono collocati in ambienti innaturali e fatti interagire con l’Uomo esclusivamente per il divertimento umano. Inoltre, gli esperti hanno dimostrato che l’uso di primati sullo schermo incoraggi effettivamente il commercio illegale di animali selvatici (pet-trade). Si stima che ogni anno 3000 primati vengano commercializzati a causa del desiderio di possedere una scimmia come pet.
Un recente studio sui film usciti tra il 1990 e il 2013, ha trovato 70 film in cui apparivano delle scimmie come “attori”. Lo studio ha rilevato che, più della metà delle volte, gli animali sono stati mostrati vestiti, compiendo azioni umane e “sorridendo”, il 19% delle volte. Peccato che quello non sia un vero sorriso. I primatologi sanno bene che i primati eseguono la smorfia che noi intendiamo come sorriso (labbra aperte e mostrare i denti), in realtà come espressione di paura o sottomissione. Insomma, una doppia diseducazione a cui siamo stati tutti sottoposti fin da piccoli davanti a quei film e video.
Ci sono numerosi studi scientifici che hanno dimostrato, infatti, come i film in cui gli animali selvatici venivano rappresentati in modo antropomorfizzato ed in cui erano presenti interazioni tra essere umano e animale, facevano perdere la percezione sul rischio di estinzione di quegli animali. La maggior parte del pubblico, quindi, crede che gli scimpanzé siano meno a rischio di estinzione degli orango, solo perché nei film sono più presenti scimpanzé a contatto con l’Uomo, rispetto agli orango.
E noi come utenti social abbiamo il potere di cambiare il destino di questi animali. Quella che noi sembra una semplice azione “carina” ha in realtà conseguenze spiacevoli per gli stessi animali che in realtà vorremmo proteggere. Un semplice like o una semplice condivisione sui social può diseducare altre persone, può far passare un messaggio sbagliato e invece di educare all’empatia e all’amore, stiamo in realtà innescando il desiderio, tra i nostri amici meno consapevoli di noi, di possedere una zebra come animale domestico! Basta poco per invertire la rotta. Pensiamoci!