CHE COS’È L’ANTROPOCENE?

La scoperta dell’epoca geologica dell’uomo, è assunzione di responsabilità.

APPROFONDIMENTO
Alessio Mariani
CHE COS’È L’ANTROPOCENE?

La scoperta dell’epoca geologica dell’uomo, è assunzione di responsabilità.

Il 22 febbraio 2000, a Cuernavaca in Messico, era in corso la riunione del comitato scientifico dell’International geosphere-biosphere programme (Igbp). E il presidente parlava dell’uomo, e delle sue attività nel corso dell’Olocene, l’epoca geologica più “recente”, cominciata circa 10.000 anni prima; quando lo scienziato olandese Paul Crutzen fermò il collega: con una parola nuova. Quasi una battuta. Seguì uno di quei momenti di silenzio. Prima che il presidente riprendesse. E la pausa caffè permettesse di riflettere sulla simpatica interruzione. L’Olocene aveva lasciato il passo a un tempo diverso: l’Antropocene. Ovvero, l’epoca geologica dell’uomo. Certo, non capita in ogni convegno, di porre fine a un’intera epoca geologica con un termine nuovo, inventato lì per lì. Così, Crutzen decise di continuare a studiare quella parola, di evidente forza e portata esplicativa.

Tanto più che fino ad allora, la partizione cronologica delle epoche era stata fondata soprattutto sulla progressione degli strati rocciosi con i loro fossili. Una questione di milioni di anni e cambiamenti lentissimi. Ad esempio, una classificazione comune stabilisce la durata del Pleistocene da 2.58 milioni a circa 11.700 anni fa, quando l’ultimo ciclo glaciale lasciò spazio, appunto al trascorso (?) Olocene.

Comunque, di ritorno a casa, Crutzen cercò di capire se qualcuno avesse già parlato nei suoi stessi termini. Ritrovando intuizioni simili a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, tra le opere di George Perkins Marsh, Vladimir Vernadskij e Antonio Stoppani, il geologo italiano che aveva osservato l’uomo quale forza tellurica dell’era antropozoica. Ma anche il termine esatto era già saltato fuori: poco tempo prima del convegno messicano, il biologo Eugene Stoermer aveva proferito quella parola in una conversazione online con alcuni suoi colleghi. Quindi, Crutzen e Stoermer entrarono in contatto e scrissero assieme un articolo accademico: The Anthropocene sulla rivista «Igpb Newsletter». Dopo di che fu la volta del solo Crutzen, con la sua prima opera divulgativa, Benvenuti nell’Antropocene (Mondadori, 2005). Da quel momento, termine e relativo concetto, furono ripetuti sempre più spesso, in particolar modo negli ultimi anni. Tanto che non abbiamo ancora dovuto spiegare cosa significhi esattamente.

Infatti, la forza del termine è anche quella di lasciarsi intuire. Perché l’Antropocene è l’epoca geologica caratterizzata dall’agire dell’uomo sull’ambiente, tale da provocare modifiche paragonabili a quelle operate in passato dalle forze geologiche; e della rapidità del cambiamento. Fino al punto che in altre ere, le mutazioni brusche avvenivano in migliaia di anni, per non parlare di quelle lente.

Così, Crutzen poté indicare molti cambiamenti rapidi. Uno spostamento umano di materia terrestre, superiore a quello originato dal vento e dai vulcani, con un’erosione tra due e tre volte superiore al ritmo naturale. Lo scompiglio dei cicli dell’acqua e dell’azoto. L’aumento di anidride carbonica e metano in atmosfera. La distruzione dello strato di ozono, con l’apertura del buco sopra l’Antartide, la cui progressiva ricostituzione conferma, nel male e nel bene, il paragone tra uomo e forze della natura. La nube di particelle che inquina e opacizza l’atmosfera. Una lista andata allungandosi nel corso degli anni, grazie all’interesse di numerosi studiosi, in particolare con il riconoscimento della sesta estinzione di massa.

Per rendersi conto, vale la pena di osservare meglio il più noto di questi fenomeni, l’aumento di anidride carbonica e metano nell’atmosfera, causa dell’effetto serra e del cambiamento climatico.

Uno studio molto interessante sul clima del passato fu pubblicato nel 1999.

Quando, l’analisi delle bollicine d’aria, imprigionare nelle carote di ghiaccio, estratte nel lago antartico di Vostok, permise di indagare l’atmosfera, al momento in cui l’aria era stata imprigionata. Carote di ghiaccio più lunghe di tre chilometri e bollicine di 740.000 anni fa mostrarono come la composizione dell’atmosfera fosse legata al clima. Nel passaggio tra fasi glaciali e fasi temperate, le quantità di anidride carbonica e metano aumentavano, rispettivamente, da 200 a 280 e da 0.4 a 0.7ppmv (parti per milione di particelle in volume); quindi tornavano a scemare. E avanti così per 740.000 anni. Poi è accaduto qualcosa di nuovo.

In due secoli scarsi di Antropocene e Rivoluzione Industriale, l’uomo ha immesso nell’atmosfera tanta anidride carbonica e metano, da incrementare le parti per milione di particelle in volume: da 280 a 360, nel caso dell’anidride carbonica e da 0.7 a 1.8 nel caso del metano. I valori più alti degli ultimi quindici milioni di anni e un cambiamento decine di volte più rapido, rispetto a qualunque altro mutamento individuato lungo le carote glaciali del lago Vostok. Anche senza tenere conto di come, rispetto a quando Crutzen riportò tali dati, la situazione sia peggiorata in maniera significativa. Nonché, la possibilità di sottolineare ulteriormente velocità e pesantezza dell’impatto umano, indagando nello specifico quanto quel che è avvenuto dagli anni Cinquanta in poi.

Certo se possiamo discutere su quando debba iniziare l’Antropocene, ormai la nuova epoca ha ricevuto il nome: la condizione d’inconsapevolezza con la quale c’eravamo entrati è rotta. E se, come afferma Crutzen, la natura non domina più il destino dell’uomo ma siamo noi a determinare i suoi equilibri, allora siamo anche tutti chiamati a comportarci con saggezza e responsabilità.