Le pratiche religiose hanno preservato più di 100.000 boschetti sacri in tutta l’India, garantendo così alti livelli di biodiversità e proteggendo gli habitat che ospitano ancora una serie di specie a rischio di estinzione. L’India è uno dei Paesi che registra una perdita preoccupante di foreste e aree verdi, a causa dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione, ma le tradizioni culturali e la leadership delle comunità locali svolgono un ruolo fondamentale nella promozione della conservazione della biodiversità. Difatti, studi hanno dimostrato come le foreste “affidate” alle comunità locali siano gestite in modo più sostenibile e ottengano miglioramenti sociali ed economici più rilevanti e duraturi.
L’India ha dietro a sé una lunga storia di comunità locali alla guida della gestione forestale. La legge sui diritti forestali del 2006, ad esempio, consente il riconoscimento dei diritti delle risorse forestali comunitarie per la conservazione, la protezione, la rigenerazione e l’utilizzo sostenibile delle risorse forestali. Le pratiche di conservazione e mantenimento delle foreste sono, ad ogni modo, una parte importante dell’ethos del Paese, soprattutto nelle popolazioni rurali e indigene più remote.
La conservazione dei boschetti è così il risultato di credenze antiche e attingono da una spiritualità che vede un continuum tra l’ambiente naturale circostante – con i suoi animali, fiumi, montagne e piante – e l’essere umano. Un sistema di valori, in pratica, che ha contribuito a mantenere intatti degli habitat particolarmente biodiversi, come conferma uno studio del 2018 pubblicato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Forestali e Ambientali dell’Università di Scienze Agrarie, in India.
La ricerca, pubblicata sul Forestry Research and Engineering: International Journal, ha rilevato come nei boschetti sacri dei Ghats centro-occidentali siano stati registrati 144 specie arboree, rispetto alle 91 specie contate nelle foreste rurali della regione. I ricercatori hanno anche osservato che l’elevata biodiversità massimizza il sequestro del carbonio, e la diversità delle piante aumenta la produttività e la quantità di carbonio immagazzinata nel suolo, grazie alla maggiore probabilità di presenza di specie altamente produttive e a un uso più efficiente delle risorse.
Ma non sono soltanto gli scienziati dell’Università indiana a riconoscere come il contributo delle comunità locali – veri e propri custodi che salvaguardano i boschetti sacri e gestiscono i rituali tradizionali legati alla loro divinità comunitaria – sia fondamentale per la conservazione ambientale. L’UNESCO, Agenzia delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, da anni promuove il programma LINKS (Local and Indigenous Knowledge Systems programme), per sostenere le conoscenze locali e indigene e la loro inclusione nei processi e meccanismi globali relativi al mondo scientifico e politico. Anche se il Programma ha contribuito all’inclusione dei saperi comunitari in una serie di forum internazionali, la voce dei guardiani delle foreste non vengono ancora sufficientemente prese in considerazione.
Come ricordano Peter Bates, della Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), e Prasert Trakansuphakon, dell’Associazione Pgakenyaw per lo sviluppo sostenibile in Thailandia, almeno un quarto della superficie terrestre mondiale è gestita, utilizzata o occupata dalle popolazioni indigene, che utilizzano modelli tradizionali e sostenibili di gestione. Tuttavia, sebbene le loro conoscenze siano sempre più riconosciute, ancora raramente vengono prese in considerazione dai ricercatori e dagli attori politici.
Potrebbe invece essere opportuno – se non assolutamente necessario – imparare dai sistemi di valori e di conoscenza indigeni, secondo i quali la “natura” comprende gli animali, le piante, la terra, gli esseri umani e gli spiriti, legati da rapporti di parentela reciproca. Gli esseri umani, in questa concezione, non sono quindi superiori alla natura. E la natura, di conseguenza, non esiste per servirli. Forse siamo ancora in tempo per mettere in pratica questa semplice conoscenza.