Circa 35 anni fa in un momento oscuro della mia vita ebbi modo di leggere “il terzo occhio”. Pur essendo profondamente ateo fui sedotto dalla levità con la quale queste persone conducono la propria esistenza e cominciai ad interessarmi al Bhutan, alla loro cultura, alle tradizioni.
Magari, è un desiderio profondo, radicato nelle viscere.
Da fiorentino vorrei portare e donare la bellezza del Rinascimento e da figlio di una staffetta partigiana il desiderio di libertà. Mi piacerebbe mettere nella valigia il loro rispetto per la morte, la naturalezza con la quale l’affrontano, quel pensarci almeno 5 minuti al giorno, per apprezzare l’infinitamente piccolo o smisuratamente grande quotidiano.
Credo sia difficile rispondere. Rischierei di dire banalità. Vorrà mica affidare ad un sondaggista la risposta? Lasciamola ai capricci del caso.
Nel settecentesimo dalla morte di Dante vorrei che lo vivessimo maggiormente e forse il Fil potrebbe arrivare all’acme.
Sì, appartiene a Plotino e si trova nelle Enneadi: “La natura della felicità viene determinata in modo diverso a seconda della vita che si prende in considerazione. In senso stretto, la felicità appartiene soltanto al noùs”.