Vederla in un assolato giorno d’agosto, mentre tra grida di gioia e speranza ognuno degli abitanti delle 10 contrade estratte incita il proprio fantino verso la vittoria, lascia nello spettatore un’immagine indelebile.
Eppure Siena, antichissima città dalle mitiche origini romane (si narra che Romolo mandò un manipolo di guerrieri per sconfiggere i figli del defunto fratello Remo, i quali si erano riorganizzati fondando un abitato in Toscana) merita di esser visitata quando il clima e l’afflusso di visitatori concedono il tempo necessario per i tesori che custodisce.
Come spesso si dice di altre mete in Italia, non basterebbe una vita per conoscere Siena e il suo meraviglioso territorio, in cui le colline del Chianti cingono in un etilico abbraccio la loro protetta, rilasciando in autunno il prezioso nettare.
Accontentiamoci dunque di un itinerario che possa raccontare il meglio della città avendo a disposizione una giornata.
Una volta immersi nello spirito medievale del centro cittadino, ci si dirige verso la famosa Piazza del Campo, protagonista della vita laica della comunità e di quella agonistica, se così intendiamo la rivalità fatta a colpi di lazzi e prese in giro tra vicini (oggigiorno almeno, un tempo i contradaioli erano più animosi…).
Ogni estate infatti 10 contrade estratte a sorte tra le 17 partecipano ad una sfrenata corsa, ognuna col proprio cavallo e fantino: vince l’animale che, anche senza conducente, compie tre giri in senso orario della Piazza. Per la contrada vincitrice iniziano una serie di festeggiamenti che possono prolungarsi per settimane, tra cene e musica, per le vie del quartiere.

Ma è nei giorni senza Palio che la Piazza risplende in tutta la sua ampiezza, vero punto di raccolta cittadino, dominato dal Palazzo Pubblico (o Comunale) del 1300 voluto dalla magistratura cittadina dei Nove come simbolo di fierezza e casa comune di tutti i senesi.
Al suo interno, proprio nella Sala dei Nove, si trovano i magnifici affreschi di Ambrogio Lorenzetti che mostrano in allegoria gli effetti del cattivo e del buon governo, rappresentando il più vasto ciclo profano del medioevo.
Per chi non ha paura dell’altezza ed è sufficientemente allenato, dal Palazzo Comunale si può salire direttamente sulla Torre del Mangia: 300 scalini per godere di uno dei più bei panorami che l’età di mezzo ha lasciato in eredità in Europa.
Se vi state chiedendo il perché di un nome così particolare, esso deriva dal gusto tutto toscano dei soprannomi: primo addetto al suono della campane della torre comunale fu un certo Giovanni di Balduccio, “mésso dei Signori Nove”, noto per i suoi sperperi e i suoi vizi legati soprattutto alla cucina. Questa fama gli valse il soprannome di “Mangiaguadagni” o, più semplicemente, “Mangia”. Anche quando nel 1400 Don Gasparo di Simone degli Ubaldini rifece i meccanismi dell’orologio, aggiungendo un automa per battere le ore sulla campana, il popolo senese conservò il nomignolo, anche in riferimento ai numerosi interventi di manutenzione necessari.
Ancora con gli occhi pieni dei vivi colori degli affreschi, ci si può dirigere verso il Duomo, gioiello duecentesco dalle imponenti forme marmoree in cui i personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento sorvegliano dall’alto della facciata la vita cittadina.
Il pavimento interno è un capolavoro istoriato dai mille colori e la struttura dell’edificio presenta un tale apparato decorativo da creare quasi un turbamento per gli occhi: dalle vetrate ricche di particolari (da menzionare il Rosone con L’Ultima Cena) alla Libreria Piccolomini, interamente affrescata dal Pinturicchio con le storie della vita di Papa Pio II.
Ormai allenati dagli scalini della Torre del Mangia, non vi spaventerà certo, una volta usciti dal Duomo, salire sul cd “Facciatone”, ovvero ciò che rimane di un progetto faraonico con cui gli abitanti di Siena volevano eternare la propria magnificenza e potenza politica (nonché economica) nell’Europa del tempo.
Praticamente il Duomo attuale sarebbe dovuto diventare semplicemente il Transetto di un nuovo Duomo dalle forme colossali, la cui facciata fu iniziata nel 1339 ma la famigerata peste che imperversò nel Vecchio Continente, riuscì a fiaccare i sogni di gloria senesi, i quali per mancanza di fondi lasciarono per sempre incompiuto il nuovo edificio religioso.
Solo la facciata, da subito ribattezzata dai locali “Facciatone”, rimane a perenne memoria dell’impresa.

Passato sotto un magnifico arco gotico e scesi per la scalinata che porta allo stupendo Battistero (occhio ad uno degli scalini segnato da una croce nera, la tradizione vuole che indichi il punto dove il demonio abbia spinto la povera Caterina da Siena) perdetevi pure tra i vicoli della città, cercando di seguire i monumenti sempre ben indicati dalla segnaletica e facendo attenzione ai segni di riconoscimento delle varie contrade, spesso indicate dalle fontane che richiamano il nome del quartiere o da altri indizi sparsi sugli edifici.
Per gli appassionati dello shopping, via dei Banchi di Sotto e in continuazione dei Banchi di Sopra rappresentano un’ottima vetrina per la città, vera anima commerciale di un borgo che ha avuto nella presenza delle banche e delle potenti famiglie (come, ad esempio, i Chigi) uno dei punti di forza per la propria affermazione economica nell’Europa rinascimentale e non solo.
Perdendosi per le vie del centro, l’impressione sarà quella di aver percorso a ritroso la Storia ed il Tempo sino ad essere tornati tra il Medioevo e gli albori del Rinascimento, tra banchi di pietra finemente scolpiti dove si teneva il Mercato ed oratori, come quello di San Bernardino, interamente affrescati.
Sono proprio i colori a lasciare una sensazione struggente agli occhi del visitatore, ognuno ad indicare un determinato personaggio nella sua santità o regalità (l’azzurro, il blu intenso o l’oro acceso degli sfondi) oppure un palazzo e la sua destinazione (dalle mille sfumature del rosso mattone del centro storico alle bande orizzontale bianche nere del Duomo, attraverso le bianche facciate gotiche di Palazzo Salimbeni o Palazzo Tolomei poco più avanti).
Siena rapisce il forestiero per riconsegnarlo cambiato dopo la visita, consapevole che tanta Bellezza ha un significato “altro” che va oltre l’immanente. Questa città, cinta dalle colline del Chianti e dalle cosiddette “Crete” (un’area a Sud est della città caratterizzata dalla presenza di questo particolare tipo di argilla che conferisce al paesaggio un che di lunare), dona nuovo significato alla categoria del “Bello” e trova pieno senso nella sua costante opera di difesa e salvaguardia dei tesori che contiene.