Il governo nazionale e quello europeo uniti contro gli agricoltori dei Paesi Bassi. È quello che appare dopo l’avallo di inizio mese da parte della Commissione europea alla proposta di stanziare 1,47 miliardi di euro per la chiusura di circa 3000 aziende agricole situate nei pressi di riserve naturali.
L’obiettivo dell’attuale coalizione di governo è ridurre del 50 per cento entro il 2030 le emissioni di azoto, la maggiore fonte di inquinamento del paese, responsabile della crescente distruzione di riserve naturali e dell’estinzione di specie animali e vegetali.
L’agricoltura dei Paesi Bassi
L’Olanda è il secondo maggiore esportatore di prodotti agricoli al mondo, dopo gli Stati Uniti per un valore, al 2022, di 122,3 miliardi di euro, secondo i dati dell’ufficio statistico nazionale.
Il settore agricolo, con il suo modello di sfruttamento intensivo, è responsabile di circa la metà delle emissioni di azoto, presente nei fertilizzanti e negli escrementi animali con un impatto decisamente maggiore sul climatico e sulla biodiversità rispetto ad altri, quali i trasporti e l’edilizia.
Ta le aree più colpite dal fenomeno c’è la riserva naturale Veluwe, situata nel cuore verde dei Paesi Bassi, una vasta distesa di brughiere e bosco tutelata da un programma di conservazione dell’UE, apparentemente un paradiso incontaminato per la fauna selvatica. Eppure la realtà è diversa: la zona è satura di ammoniaca e azoto, provenienti principalmente dai terreni agricoli circostanti e il parco è ricoperto da un’erba opaca fitta che sta soffocando le specie più fragili e minacciando la biodiversità di uccelli e insetti.
Le iniziative politiche nazionali
L’impegno dell’esecutivo del ministro Mark Rutte nel ridurre l’inquinamento dimezzando le emissioni di azoto entro il 2030 ha ricevuto il sostegno dei cittadini durante le elezioni provinciali del mese scorso.
La recente proposta di chiusura delle aziende agricole più inquinanti fa seguito alla sentenza del 2019 del più alto tribunale amministrativo dei Paesi Bassi secondo cui il piano del governo olandese per ridurre le emissioni di azoto non era in linea con gli obiettivi e in violazione del diritto dell’UE, superando i limiti consentiti dalle normative europee.
Da allora gli sforzi per limitare l’azoto si sono intensificati e gli agricoltori incoraggiati a innovare.
Diverse sono statele opzioni suggerite dagli esperti: dalla riduzione del numero di capi di bestiame, a quella della quantità di proteine nei mangimi, fino alla diluizione del letame con l’acqua.
Eppure gli agricoltori non si sentono compresi e non vedono alcuna prospettiva favorevole nel futuro, il che ha determinato ripetute proteste dal 2019 ad oggi durante le quali sono scesi in piazza per far sentire la loro voce bloccando strade e luoghi pubblici coi loro trattori.
Le recenti proteste hanno coinvolto anche il vicino Belgio dove lo scorso mese a Bruxelles centinaia di agricoltori hanno manifestato contro i piani di riduzione dell’inquinamento da azoto.
I diretti interessati e le associazioni di categoria condannano l’ultima misura governativa perché, tra i vari, non offrirebbe a quanti vogliono interrompere volontariamente l’opportunità di concludere correttamente la loro attività, ad esempio attraverso schemi di transizione che consentirebbero agli agricoltori di ridurre le emissioni di azoto utilizzando l’innovazione tecnologica o scegliendo attività agricole meno inquinanti.
Dalla rabbia degli agricoltori olandesi è nato il partito BBB noto anche come “Movimento contadino-cittadino” che ha raccolto il disprezzo degli elettori rurali nei confronti dei politici conseguendo un ottimo risultato nelle elezioni provinciali del mese scorso, ottenendo circa il 16% dei voti.
Il BBB chiede di avviare misure rapidamente iniziative di conservazione del territorio finanziate dallo Stato e alternative a quelle proposte, percepite come lontane dal senso comune. Secondo le regole vigenti, infatti, quanti sono coinvolti in attività che producono azoto devono ottenere un permesso se operano entro 25 chilometri da una riserva naturale protetta. A questo proposito gli agricoltori lamentano l’assenza di misurazioni effettive in loco, a cui le istituzioni e gli esperti governativi rispondono che i Paesi Bassi ospitano la rete più fitta al mondo con oltre 300 punti di misurazione.
La questione è controversa, tuttavia sembra esclusa, almeno per il momento, la possibilità che il raggio del permesso di 25 chilometri sia esteso come richiesto dagli ambientalisti secondo cui gli ossidi di azoto possono viaggiare a centinaia di chilometri dalla loro fonte. Il motivo di questa esclusione è legato alle difficoltà logistico e ai danni che le industrie del paese potrebbero soffrire con l’aumento della distanza.
La posizione dell’UE
Nonostante il successo elettorale del BBB e la richiesta di posticipare gli obiettivi di emissione al 2035, Bruxelles ha esortato il gabinetto olandese a rispettare gli impegni presi, pena l’avvio di procedure di infrazione contro il paese. Secondo quanto dichiarato dalla Commissaria UE per la concorrenza Margrethe Vestager “le risorse miglioreranno le condizioni ambientali in tali zone e promuoveranno una produzione più sostenibile e rispettosa dell’ambiente nel settore dell’allevamento, senza falsare la concorrenza”.
L’esecutivo europeo si dice pronto a sostenere le autorità olandesi per raggiungere gli obiettivi sulla protezione della biodiversità e inquinamento zero stabiliti dal Green Deal.
La questione è ancora aperta: il governo di Rutte riuscirà a portare avanti il suo piano trovando un compromesso accettabile anche dagli agricoltori? Oppure questi, a seguito dell’ennesima manifestazione, dovranno soccombere e accettare, obtorto collo, le normative nazionali ed europee?