UNA GARA CICLISTICA

I racconti del prof. Stefano Grifoni: ogni riferimento a fatti e personaggi non è puramente casuale.

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Stefano Grifoni
UNA GARA CICLISTICA

I racconti del prof. Stefano Grifoni: ogni riferimento a fatti e personaggi non è puramente casuale.

Le due suore camminavano barcollando l’una accanto all’altra, a ogni passo alzavano il viso e

guardavano la strada dinanzi a loro. Nessuna delle due parlava cercando di risparmiare fiato: dovevano fare ancora molto cammino per arrivare al convento. Suor Giacinta era sorpresa di non veder passare auto in una via che ricordava essere molto frequentata. La strada davanti a loro era stretta e procedeva curvando per poi riprendere la direzione diritta. Suor Giacinta pensò che il marciapiede opposto fosse più sicuro e in accordo con la consorella decise di attraversare la strada.

Non sapevano che proprio in quel giorno sarebbe passata di lì una gara ciclistica. Ne ebbero la consapevolezza quando arrivate alla linea bianca che separa le due corsie furono investite da un gruppo di corridori, alcuni dei quali perdendo l’equilibrio caddero sull’asfalto.

Quando arrivarono sul posto le ambulanze, i soccorritori si trovarono di fronte a una scena imbarazzante complicata da un groviglio di biciclette e di persone. Suor Giacinta era distesa per terra e sopra di lei si trovava un giovane ciclista che cercava di districarsi da quella situazione senza creare danni. La suora non voleva abbandonare tale posizione e lo pregava di stare immobile. «Quando succede un incidente meglio non muoversi» disse. Poco distante a lei l’altra suora era abbracciata a due corridori in maglietta, trasfigurati dallo sforzo e dal dolore. La suora ringraziava il Creatore di essere viva mentre i ciclisti si trattenevano nel lanciare imprecazioni, accennando qualche parola e stringendo i denti per non completare l’improperio. Alla fine i soccorritori riuscirono a estrarre dal gruppo le suore e a rimetterle in piedi. Apparentemente non avevano riportato danni dalla caduta.

Più giù sulla strada, un corridore si lamentava per un dolore a livello della gamba destra e non riusciva ad alzarsi anche perché gli era rimasta attaccata al piede la bicicletta. Arrivarono tutti in pronto soccorso. Suor Giacinta fu sistemata su un lettino e le altre persone coinvolte nell’incidente tenute a sedere ad aspettare il loro turno. Felice, il ciclista, per le varie lesioni e contusioni riportate fu collocato in una stanza dove era presente anche l’ortopedico. Dopo la visita medica e la visita specialistica furono richiesti per Felice gli accertamenti radiologici alla gamba destra mentre per suor Giacinta non furono necessari ulteriori approfondimenti. Gli altri pazienti vennero medicati e rimandati a casa.

Mentre suor Giacinta recitava il rosario dissi: «Tutto a posto, anche l’altra suora sta bene come gli altri ciclisti. Solo uno, Felice, sembra aver riportato la frattura della gamba».

Suor Giacinta cessò di recitare le preghiere, mi sorrise e disse: «Questi giovani vanno in bicicletta, tutti vestiti con tute colorate, scarpette, casco e vanno troppo veloci. Credo che non ci abbiano neppure visto dopo la curva».

Le dissi: «Suora, lei stava attraversando la strada durante una gara ciclistica. La strada doveva essere libera!».

Lei mi guardò e disse: «I ciclisti sono tutti fuori di testa! La domenica mattina li vedi passare in gruppo: disturbano il traffico, fischiano per segnalare la loro presenza e non rispettano semafori e strisce pedonali. Sono un pericolo…».

Felice disteso su un lettino aveva sentito la nostra conversazione e disse: «La suora ha ragione, bisogna essere un po’ pazzi per scegliere uno sport di estrema fatica e di molti rischi come il ciclismo. La vocazione serve per i preti come per noi».

Dissi: «Ora il ciclismo ha cambiato volto rispetto ai tempi di Bartali e di Coppi…».

Felice mi rispose: «Per molti anni ciclismo e pugilato sono stati gli sport per affamati, era una soluzione come il seminario: una bocca in meno da sfamare in casa. Ora si guadagnano un po’ di soldi, anche se andando per strada e girando il mondo i pericoli sono sempre in agguato. Nonostante tutto la passione è la stessa e non è cambiata. In questo sport si corre con la forza delle gambe e la bicicletta è un veicolo curioso perché il passeggero ne è anche il motore».

Dissi: «Lei e i suoi colleghi eravate in fuga?».

Rispose: «Il momento più esaltante per un corridore non è quando taglia il traguardo ma quando si decide di scattare, andare avanti e continuare da solo. La fuga è il sogno, in fuga trovi un isolamento, una distanza dagli altri che talvolta diventa un potente stimolo per l’anima».

Gli accertamenti radiologici confermarono la frattura e la gamba di Felice fu ingessata. Suor Giacinta andò a trovarlo. Felice disse: «Cara suora, ne avrò per un mese almeno. Devo sospendere la corsa». La suora lo guardava e pregava in silenzio. Lui continuò: «Lei dice che i ciclisti sono tutti un po’ matti e in un certo senso ha ragione, ma la bicicletta fa parte del nostro costume e della vita dei cuori semplici che in paradiso ci arrivano con la bicicletta».